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A Potenza la “Parata dei Turchi” ha entusiasmato la citta’

Tre epoche storiche – Medioevo, 1500 e 19/o secolo – per “raccontare” la storia di Potenza tra la devozione per il Santo Patrono, San Gerardo Vescovo, e le “narrazioni” delle invasioni saracene e dell’ingresso in citta’ del nuovo signore, il conte Alfonso de Guevara, con circa 1.300 i figuranti (tra cui 290 musici e 34 cavalieri) che hanno sfilato fino al cuore antico del capoluogo lucano per l’edizione 2018 della “Storica Parata dei Turchi”. Un lunghissimo corteo – quello partito dallo stadio Viviani nel tardo pomeriggio di ieri, in una Potenza piena di turisti, a migliaia, per assistere alla sfilata – che ha portato il tempietto in onore del Santo fino al centro storico, dove va in scena, in notturna, l’accoglienza del nuovo conte e l’accensione della “iaccara”: storia, fede e tradizione si uniscono nella Parata (che nell’ultimo decennio e’ cresciuta per importanza, partecipazione e organizzazione), “guidata” dalla nave con San Gerardo, bambino, e da “civuddin”, il Gran Turco simbolo degli “infedeli”, con la “iaccara” – un fascio di canne e legna lungo circa dodici metri trasportata da una ventina di persone, poi
bruciata in centro in onore del Santo Patrono – che racchiude in se’ devozione e simbologia tipica dei riti pagani, e in particolare della tradizione dei riti arborei lucani.

Intorno alle figure principali, i figuranti (scelti con un veloce “casting” sulla base delle richieste di partecipazione dei potentini) in nobili vestiti o in abiti popolani, “scortati” da cavalli e, soprattutto, dai soldati turchi – con tanto di faccia nera dipinta – che lungo il percorso spaventano  giocosamente i bambini urlando e colpendo gli scudi. Una tradizione, quella della Parata, ripresa dopo un periodo di scarsa valorizzazione, che oggi puo’ facilmente rappresentare un pezzo d’identita’ di questa citta’. E dopo l’arrivo davanti alla cattedrale, con il momento religioso, la parata si chiude nel fuoco della iaccara, prima scalata dal capoiaccara – complimentato da decise di persone in piazza Matteotti – e poi bruciata per attendere il giorno del Santo, il 30 maggio, per tributargli onori tutti religiosi.

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